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Teoria delle Categorie e Scienza Cognitiva
<p style="text-align: justify;" data-start="113" data-end="1420">La teoria delle categorie, sviluppata da Eilenberg e Mac Lane a metà del XX secolo, è stata ideata per catturare e confrontare strutture matematiche attraverso il linguaggio di oggetti, frecce, funtori e trasformazioni naturali. A prima vista può sembrare distante dalle preoccupazioni della psicologia o delle neuroscienze, ma l’articolo di Steven Phillips del 2022 ("<em>What is category theory to cognitive science? Compositional representation and comparison</em>") sostiene che l’orientamento fondamentale della teoria delle categorie—ossia la rappresentazione e il confronto di relazioni strutturate—la rende profondamente rilevante per le scienze cognitive. Entrambi i domini si occupano di come le entità si relazionano tra loro, di come interi complessi siano costruiti compositivamente a partire da parti e di come sistemi rappresentazionali diversi possano essere mappati o confrontati. L’articolo cerca quindi di rispondere alla domanda: che cos’è la teoria delle categorie per le scienze cognitive? La risposta proposta è racchiusa nello slogan secondo cui la teoria delle categorie è per le scienze cognitive ciò che il funtore è per la rappresentazione e ciò che la trasformazione naturale è per il confronto. Il testo sviluppa a lungo questo slogan, con esempi che spaziano dalla composizionalità linguistica all’analogia, al ragionamento matriciale e alle teorie della sistematicità cognitiva.</p> <p style="text-align: justify;" data-start="1422" data-end="2414">Il testo inizia osservando che sia la matematica sia la psicologia condividono un interesse per la struttura composizionale. In matematica, la teoria delle categorie è stata inventata per formalizzare corrispondenze tra costruzioni diverse. In scienze cognitive, la composizionalità è stata un principio centrale sin dalle teorie classiche della mente, che sottolineavano come gli stati mentali complessi derivino il loro contenuto dalle parti costituenti. La difesa famosa di Fodor e Pylyshyn della composizionalità classica si basa sull’idea che un sistema in grado di pensare il pensiero “Giovanni ama Maria” deve anche essere in grado di pensare “Maria ama Giovanni”, poiché i costituenti sottostanti vengono attivati e ricombinati. Phillips propone che la teoria delle categorie renda queste intuizioni precise: essa inquadra le rappresentazioni e le operazioni su di esse in termini di diagrammi commutativi, in cui le relazioni strutturali sono preservate attraverso le trasformazioni.</p> <p style="text-align: justify;" data-start="2416" data-end="3412">Per chiarire questa intuizione, Phillips presenta la frase “Giovanni ama Maria” come un quadrato commutativo. Sulla freccia verticale di sinistra è rappresentata la struttura sintattica dell’espressione, mentre la freccia verticale di destra raffigura la struttura concettuale corrispondente. Le frecce orizzontali trasportano o trasformano una struttura nell’altra, e il quadrato commuta nella misura in cui il significato ottenuto composizionalmente dalla disposizione sintattica corrisponde esattamente al significato a livello concettuale. Questo quadrato commutativo richiama il principio linguistico della composizionalità, ma riecheggia anche la teoria della mappatura strutturale di Gentner sull’analogia, in cui le corrispondenze da un dominio sorgente a un dominio bersaglio preservano la struttura relazionale. Si ritrova dunque nella teoria delle categorie una cornice formale che rispecchia le operazioni fondamentali della cognizione umana: rappresentare, trasformare e confrontare.</p> <p style="text-align: justify;" data-start="3414" data-end="4484">L’articolo introduce poi i concetti di base della teoria delle categorie, con attenzione alla loro interpretazione cognitiva. Una categoria è definita come una collezione di oggetti e frecce con frecce identità e composizione che soddisfano associatività e unità. Per le scienze cognitive, gli oggetti possono essere intesi come concetti o entità, mentre le frecce rappresentano relazioni tra di essi. La transitività delle relazioni, come negli insiemi ordinati in cui “Anna è più bassa di Bob” e “Bob è più basso di Cal” implicano “Anna è più bassa di Cal”, corrisponde direttamente alla regola categoriale secondo cui la composizione di due frecce produce una terza. Le frecce identità, che possono sembrare banali in matematica, trovano il loro corrispettivo nella riflessività delle relazioni e svolgono un ruolo fondante nella costruzione di strutture cognitive coerenti. Phillips sottolinea che, sebbene le categorie siano astratte, la loro logica interna di composizione e identità rispecchia i modi fondamentali in cui i sistemi cognitivi trattano la struttura.</p> <p style="text-align: justify;" data-start="4486" data-end="5483">Dalle categorie la discussione passa ai funtori. Un funtore è una mappa tra categorie che preserva la struttura. Esso invia oggetti a oggetti e frecce a frecce, mantenendo domini, codomini, identità e composizioni. In termini cognitivi, un funtore può essere visto come una relazione rappresentazionale: un mapping da un dominio, come gli stati del mondo o le espressioni linguistiche, a un altro, come gli stati mentali o le realizzazioni neurali. Per esempio, se il mondo contiene il fatto che Giovanni è a sinistra di Maria, un funtore rappresentazionale può mappare questa situazione in un sistema cognitivo come la coppia di simboli “Giovanni, Maria” disposti in modo da codificare la loro relazione spaziale. Analogamente, un funtore può mappare dal dominio sintattico delle frasi alle loro interpretazioni semantiche. In entrambi i casi, ciò che conta è che la struttura relazionale venga preservata. I funtori incarnano quindi l’idea della rappresentazione come corrispondenza strutturale.</p> <p style="text-align: justify;" data-start="5485" data-end="6649">Phillips approfondisce l’analisi discutendo le trasformazioni naturali. Se i funtori devono essere intesi come rappresentazioni, allora le trasformazioni naturali sono processi che confrontano o trasformano rappresentazioni. Formalmente, una trasformazione naturale è una famiglia di frecce che collega le immagini di due funtori in modo che rispetti la struttura commutativa delle categorie. Cognitivamente, ciò corrisponde ad operazioni di inferenza, analogia o ragionamento, in cui uno schema rappresentazionale viene sistematicamente mappato su un altro. L’esempio classico è l’analogia proporzionale: “Giumenta sta a puledro come mucca sta a vitello”. Quest’analogia può essere rappresentata come un quadrato commutativo, in cui la mappatura da giumenta a puledro corrisponde strutturalmente alla mappatura da mucca a vitello. I compiti di ragionamento matriciale, come nelle Matrici Progressive di Raven, sono modellati come trasformazioni naturali: si identifica il pattern relazionale lungo righe o colonne e lo si estende per riempire la casella mancante. Questi esempi mostrano come le trasformazioni naturali catturino l’essenza del confronto cognitivo.</p> <p style="text-align: justify;" data-start="6651" data-end="7365">Il testo sottolinea che la composizionalità opera a più livelli: frecce tra oggetti, funtori tra categorie e trasformazioni naturali tra funtori. Ognuno è un tipo di freccia a un livello più alto di astrazione, e la composizione opera universalmente. Nella teoria delle categorie, queste forme diverse di composizionalità sono unificate; nella cognizione, si manifestano come la capacità di costruire rappresentazioni complesse a partire da parti, di istanziare rappresentazioni in formati diversi e di confrontarle. Il potere della teoria delle categorie sta proprio nel fornire un unico linguaggio astratto in cui questi aspetti apparentemente diversi della cognizione appaiono come variazioni sullo stesso tema.</p> <p style="text-align: justify;" data-start="7367" data-end="8395">Oltre a questi fondamenti, Phillips esplora le conseguenze più ampie dell’introduzione di strumenti categoriali nelle scienze cognitive. Un’intuizione chiave riguarda il ruolo della dimensionalità. Funtori e trasformazioni naturali possono essere visualizzati rispettivamente come strutture unidimensionali e bidimensionali, mentre costrutti categoriali di ordine superiore corrispondono a livelli crescenti di complessità relazionale. Ricerche empiriche in psicologia mostrano che i compiti di ragionamento diventano più difficili man mano che aumenta il numero di dimensioni relazionali coinvolte. Per esempio, i problemi di ragionamento matriciale con variazioni su due assi sono più impegnativi di quelli con variazioni su uno solo. Questa osservazione si allinea perfettamente con l’interpretazione categoriale, in cui la complessità corrisponde alla dimensionalità dei diagrammi commutativi. La teoria delle categorie fornisce dunque un vocabolario matematico naturale per articolare l’ipotesi della complessità cognitiva.</p> <p style="text-align: justify;" data-start="8397" data-end="9353">Un altro contributo riguarda la questione della sistematicità della cognizione. I teorici classici sostenevano che le capacità cognitive si presentano in sistemi: la capacità di pensare un certo pensiero implica la capacità di pensare pensieri correlati. Questa sistematicità è stata difficile da spiegare in modelli puramente associativi o connessionisti. Phillips e collaboratori hanno sostenuto altrove che la sistematicità può essere spiegata come conseguenza delle costruzioni universali categoriali. In questo articolo ribadisce tale prospettiva: la teoria delle categorie spiega la sistematicità non postulando regole simboliche, ma radicandola nella logica matematica generale di come le strutture si combinano e si confrontano. La sistematicità nasce quando le rappresentazioni sono costruite in modi che corrispondono a costruzioni universali, come limiti o aggiunzioni, che garantiscono la disponibilità di capacità rappresentazionali correlate.</p> <p style="text-align: justify;" data-start="9355" data-end="10474">Phillips tocca anche concetti categoriali più avanzati, come i funtori aggiunti, i presheaf e il lemma di Yoneda. I funtori aggiunti, che accoppiano mappature tra categorie in una relazione di andata e ritorno, possono modellare l’interazione tra stati del mondo e stati mentali, o tra apprendimento da esempi e generalizzazione. Il lemma di Yoneda, che afferma che un oggetto è pienamente caratterizzato dalle frecce che partono e arrivano ad esso, è interpretato come un principio di contestualità: il significato di uno stato mentale è dato dalle sue relazioni con altri stati. Il teorema di ricostruzione tannakiana, che permette di ricostruire una struttura a partire dalle sue rappresentazioni, offre un parallelo categoriale ai processi inferenziali della cognizione, come ricostruire relazioni non osservate a partire da quelle osservate. Questi risultati matematici sofisticati non sono curiosità astratte ma illuminano caratteristiche fondamentali della cognizione, come l’emergere del significato dalle relazioni, il funzionamento della generalizzazione e la possibilità del ragionamento di ordine superiore.</p> <p style="text-align: justify;" data-start="10476" data-end="11381">Nella discussione, Phillips insiste sul fatto che, pur essendo altamente astratta, la teoria delle categorie ha la forza di catturare comunanze strutturali in domini molto diversi. Per le scienze cognitive, questo significa disporre di un formalismo generale per rappresentazione e confronto che unifica composizionalità linguistica, analogia, ragionamento e sistematicità in un’unica cornice matematica. L’umile quadrato commutativo, che assicura che due percorsi di trasformazione diversi portino allo stesso risultato, diventa un’immagine centrale per comprendere la cognizione stessa: i processi cognitivi devono preservare le relazioni strutturali attraverso i domini se vogliono essere coerenti e significativi. In questo senso, la teoria delle categorie non è un’imposizione esterna sulla psicologia ma un’articolazione naturale dei principi con cui le scienze cognitive si sono sempre confrontate.</p> <p style="text-align: justify;" data-start="11383" data-end="12432">L’articolo si conclude tornando allo slogan che lo ha motivato. La teoria delle categorie è per le scienze cognitive ciò che il funtore è per la rappresentazione e ciò che la trasformazione naturale è per il confronto. Le categorie forniscono il vocabolario della struttura composizionale, i funtori modellano il modo in cui tali strutture sono rappresentate o istanziate tra domini e le trasformazioni naturali descrivono come tali rappresentazioni vengono confrontate, trasformate o elaborate nel ragionamento. Questa triade di concetti rispecchia le preoccupazioni centrali delle scienze cognitive: come le strutture vengono costruite, come vengono rappresentate e come vengono messe in relazione. Phillips suggerisce che abbracciare questa cornice consenta alle scienze cognitive di pensare categoricamente, cioè di utilizzare la matematica delle strutture e delle relazioni come strumento per indagare la mente. Così facendo, il campo può andare oltre le analogie frammentarie e adottare un linguaggio unificante e rigoroso per la cognizione.</p>