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Some notes on Relativity and other arguments
La proposta di Ostwald sulla struttura della gomma e la sua analisi ai raggi X
<p style="text-align: justify;" data-start="219" data-end="1353">Nel 1926 Wolfgang Ostwald pubblicò uno studio che cercava di spiegare uno dei fenomeni più sorprendenti osservati fino ad allora nello studio della gomma naturale. L’anno precedente il fisico J. R. Katz aveva infatti riportato che, quando la gomma di Hevea viene stirata, essa produce un diagramma a raggi X che assomiglia a quello di un reticolo cristallino. Tale scoperta era tanto inaspettata quanto misteriosa, perché la gomma rilassata era sempre stata considerata amorfa e non esisteva alcuna teoria soddisfacente in grado di chiarire come mai l’allungamento potesse dare origine a un comportamento tipico dei cristalli. Katz stesso aveva proposto spiegazioni piuttosto vaghe, ipotizzando ad esempio un improvviso “snap-in” delle molecole o un allineamento forzato di unità disordinate, ma senza fornire un modello sistematico. Anche i successivi contributi di Hauser e Mark, pur di altissimo livello, non erano giunti a una conclusione definitiva. In questo contesto si inserisce il tentativo di Ostwald di proporre una teoria originale, basata su considerazioni semplici, ma al tempo stesso in grado di chiarire il fenomeno.</p> <p style="text-align: justify;" data-start="1355" data-end="2217">La chiave della sua proposta risiedeva nella natura colloidale e cellulare del lattice da cui si ottiene la gomma. Secondo Ostwald, il punto di partenza era il riconoscimento, già allora condiviso da molti studiosi come Freundlich e Hauser, che la gomma naturale non è una massa omogenea, ma mantiene in larga misura l’individualità delle goccioline di lattice anche dopo la coagulazione. Ogni gocciolina di lattice, o cellula, possiede una membrana esterna, costituita da un polimero di idrocarburi gommati, e un contenuto interno che, nello stato fresco, è viscoso come il miele, ma che si gelatinizza e solidifica durante la coagulazione o l’essiccazione. Questo aspetto, a giudizio di Ostwald, è fondamentale: non si tratta di un dettaglio secondario, bensì di un elemento strutturale senza il quale non sarebbe possibile comprendere l’effetto dei raggi X.</p> <p style="text-align: justify;" data-start="2219" data-end="2858">L’ipotesi aggiuntiva che Ostwald introduce è che il contenuto cellulare, una volta gelatinizzato, non sia amorfo in senso stretto, ma organizzi al suo interno una rete reticolare di micelle o polimolecole a forma di bastoncino. Queste unità, costituite da catene di isoprene o loro multipli, si dispongono a formare maglie regolari, che possono essere esagonali o romboedriche. Nel loro stato non deformato, le maglie hanno dimensioni troppo grandi per produrre interferenze a raggi X: la distanza tra le micelle supera infatti le lunghezze d’onda necessarie. Tuttavia, lo stiramento della gomma modifica drasticamente questa situazione.</p> <p style="text-align: justify;" data-start="2860" data-end="3648">Quando il materiale viene sottoposto a trazione unilaterale, le cellule del lattice non si rompono ma si deformano, passando da forme sferiche a forme allungate, cilindriche o fusiformi. La deformazione della membrana cellulare induce simultaneamente la deformazione e l’orientamento della rete interna. Le maglie della struttura si riducono di dimensione e si riorganizzano in modo ordinato lungo la direzione della tensione. Con un allungamento sufficiente – Ostwald cita valori attorno all’80% come soglia critica – le distanze tra le micelle diventano comparabili con la lunghezza d’onda dei raggi X, soddisfacendo così le condizioni necessarie per la diffrazione. Allo stesso tempo, la tensione applicata rende la rete più rigida e stabile, trasformandola in un reticolo effettivo.</p> <p style="text-align: justify;" data-start="3650" data-end="4483">È a questo punto che emerge l’effetto osservato da Katz: ogni cellula di lattice, allungata e compressa, si comporta come un piccolo corpo cristallino. Non si forma dunque un unico cristallo di grandi dimensioni, ma una moltitudine di “cristalli accidentali”, ciascuno corrispondente a una cellula deformata. L’intensità del diagramma a punti nei raggi X cresce quindi non perché i cristalli preesistenti diventino più grandi, ma perché aumenta progressivamente il numero di cellule che raggiungono la condizione critica di densità e orientamento. Piccole cellule possono arrivare più facilmente al reticolo, mentre quelle di forma irregolare o mal orientate richiedono deformazioni maggiori. Con l’aumento dello stiramento, un numero sempre maggiore di cellule contribuisce all’effetto, fino a massimizzarlo in condizioni estreme.</p> <p style="text-align: justify;" data-start="4485" data-end="5312">Un aspetto importante della teoria è la reversibilità. L’effetto cristallino scompare regolarmente quando la tensione viene tolta, oppure quando il materiale viene riscaldato, rigonfiato o lasciato a riposo. Questo comportamento dipende dal fatto che, cessata la deformazione, le cellule ritornano gradualmente a una forma più sferica e la rete micellare torna a distanze superiori a quelle critiche per la diffrazione. Fenomeni analoghi di perdita dell’effetto si osservano con l’aumento di temperatura, che favorisce lo scorrimento delle cellule, o con la masticazione e l’azione di solventi, che distruggono la particolare organizzazione reticolare. Al contrario, raffreddando la gomma stirata, l’effetto può rimanere “congelato”, perché le deformazioni rimangono fissate dalla rigidità delle membrane a basse temperature.</p> <p style="text-align: justify;" data-start="5314" data-end="6084">Ostwald distingue con chiarezza l’effetto cristallino accidentale dalla semplice birifrangenza da stress, che può verificarsi anche in sistemi privi di struttura cellulare. La birifrangenza richiede soltanto un orientamento parziale delle particelle, mentre la formazione del reticolo ai raggi X richiede un impaccamento regolare e tridimensionale delle maglie, ottenibile solo grazie alla struttura a cellule del lattice. Questa distinzione permette anche di comprendere perché le gomme sintetiche, prodotte per polimerizzazione in massa, non mostrino il fenomeno: esse mancano della particolare organizzazione cellulare che contraddistingue il lattice naturale. La loro elasticità può esistere, ma non si accompagna alla formazione di reticoli ordinati sotto sforzo.</p> <p style="text-align: justify;" data-start="6086" data-end="6850">La teoria di Ostwald trova conferma in una serie di osservazioni sperimentali. In primo luogo, spiega la comparsa improvvisa di punti di interferenza solo oltre una soglia di deformazione significativa, perché solo allora le maglie reticolari raggiungono distanze otticamente efficaci. In secondo luogo, giustifica la proporzionalità osservata tra intensità del diagramma e grado di stiramento: a stiramenti sempre maggiori corrisponde un numero crescente di cellule trasformate. Infine, interpreta la presenza contemporanea di un anello amorfo diffuso e di punti cristallini come il risultato della coesistenza di cellule non deformate e di cellule reticolari: l’intensità dell’anello diminuisce man mano che aumenta quella dei punti, in un equilibrio dinamico.</p> <p style="text-align: justify;" data-start="6852" data-end="7356">Ostwald arriva così a un modello elegante in cui la gomma stirata diventa una sorta di mosaico di microcristalli effimeri, ciascuno generato da una cellula deformata. La cristallizzazione sotto tensione non è dunque la trasformazione di un solido molecolare, ma un fenomeno colloidale di orientamento e compattazione. La rete micellare a bastoncini si dispone regolarmente e acquista rigidità sotto l’azione meccanica, ma resta capace di ritornare allo stato iniziale non appena le condizioni cambiano.</p> <p style="text-align: justify;" data-start="7358" data-end="8253">In definitiva, l’articolo del 1926 rappresenta un tentativo innovativo di unire la chimica colloidale con la nascente fisica dei polimeri. Ostwald interpreta l’effetto cristallino non come prova di lunghe catene covalenti, ma come manifestazione della particolare architettura cellulare del lattice. Sebbene questa visione fosse destinata a essere superata dalle dimostrazioni successive della teoria macromolecolare, il lavoro rimane significativo perché offrì una spiegazione coerente a un fenomeno allora enigmatico e mise in evidenza la centralità della struttura dispersa del lattice nella comprensione delle proprietà della gomma. Con le sue ipotesi e le sue analogie, aprì la strada a nuove domande sul rapporto tra organizzazione colloidale, orientamento meccanico e fenomeni di diffrazione, contribuendo a rendere più chiara la complessa natura della gomma e dei materiali polimerici.</p>